Alla ricerca dell'Aldilà

Da sempre ci chiediamo se esiste. Ma si può averne una prova? Un indizio? E come sarebbe? Lo abbiamo chiesto, sull’onda del film “Hereafter” a scienziati, teologi, filosofi.  

Enrico Facco, docente di anestesia e rianimazione, Università di Padova; autore di “Esperienze di premorte”.

1)  Non esistono prove scientifiche dellʼesistenza dell’aldilà, ma nemmeno della non esistenza. Potremmo ipotizzare che sia una dimensione che non siamo in grado di percepire né misurare coi metodi delle scienze. In fondo la storia della conoscenza è costellata da scoperte che hanno dimostrato l’esistenza di fenomeni non percepibili o incompatibili con le idee precedentemente accettate. La scienza ha identificato cose che prima non si pensava esistessero, non erano misurabili o apparivano illogiche: si pensi ad esempio alla materia e all’energia oscura e alla fisica quantistica. L’uomo non ha mai trovato “prove” scientifiche dell’aldilà, certo, ma anche la certezza che non possa esistere nulla oltre la morte è in fondo un dogma.

2)  Io non immagino lʼaldilà perché penso che sia semplicemente inimmaginabile: una dimensione che - se c’è – si colloca oltre le categorie di spazio e tempo in cui viviamo. Le rappresentazioni tradizionali di paradisi e inferni, invece, sono creazioni della nostra mente.

Tunnel, luce, senso di pace… e poi si ritorna indietro

Il tunnel è unʼimmagine tipica delle “esperienze di pre-morte”.

«Sono fatte in condizioni critiche (arresto cardiaco, shock emorragico, coma) e hanno un contenuto apparentemente trascendente» dice Enrico Facco, autore di Esperienze di Premorte (ed. Altravista).

«Le persone raccontano di visioni di tunnel con o senza luce, senso di pace, incontri con defunti o entità di luce, esperienze extracorporee». 

Prove? Per chi sostiene lʼesistenza dell’aldilà ne sono una prova. Per la scienza sono fenomeni che si originano nel cervello. «Disfunzioni cerebrali e farmaci possono causare allucinazioni o delirium (delirio di origine organica)» dice Facco.

«Ci sono ipotesi sui meccanismi (per esempio, alterazioni di neurotrasmettitori), ma non vi sono dimostrazioni, né queste esperienze hanno le caratteristiche tipiche del delirium. La loro spiegazione richiede ulteriori studi»

Focus | Cultura | Marzo 2011

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